Avvocato Pallanch

Il patrocinio a spese dello Stato in materia civile

Costituzione delle Repubblica Italiana

– art. 24 –

(…) Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione

Il patrocinio a spese dello Stato – detto anche gratuito patrocinio – è quell’istituto previsto dalla Carta Costituzionale che consente alla persona non abbiente di essere rappresentata in giudizio da un avvocato nell’ambito di un procedimento giudiziario, sia per agire che per difendersi.

L’avvocato in questione non lavorerà gratuitamente, ma la parcella sarà pagata dallo Stato.

L’art. 74 del DPR 115/2002 – che detta la normativa di dettaglio – cosi recita: È assicurato il patrocinio (…) nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate”.

Cosa significa “non abbiente”?

Secondo l’art. 76 del DPR 115/2002 può essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato in ambito civile chi sia titolare di un reddito annuo imponibile, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore ad € 11.746,68.

Se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante.

ATTENZIONE!

Si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi.

Questo significa che in caso, ad esempio, di separazione giudiziale, al fine di valutare il superamento del limite di reddito per l’ammissione al gratuito patrocinio non si tiene conto del reddito del coniuge rientrante nel medesimo stato famiglia.

Tutti i non abbienti possono essere ammessi al gratuito patrocinio?

Possono richiedere l’ammissione:

  • i cittadini italiani;

  • gli stranieri, regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare;

  • gli apolidi;

  • gli enti o associazioni che non perseguano fini di lucro e non esercitino attività economica.

Lo Stato pagherà le spese di lite anche in caso di soccombenza?

Si. Lo stato affida al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati che riceve la domanda di ammissione un vaglio di “non manifesta infondatezza” della domanda giudiziale. Lo Stato, quindi, ammettendo il richiedente al beneficio, scommette sulle ragioni del non abbiente e pagherà la parcella dell’avvocato sia in caso di vittoria che in caso di soccombenza.

Tuttavia, in caso di soccombenza con condanna al pagamento delle spese legali della parte vittoriosa, lo Stato non sosterrà tale esborso. Sarà il non abbiente soccombente a dover risarcire alla propria controparte vittoriosa gli esborsi da quest’ultima sostenuti per la propria difesa tecnica. L’importo della c.d. “condanna alle spese”, in questi casi, è determinato dall’autorità giudiziaria procedente con il provvedimento che definisce il giudizio.

In caso di soccombenza nel primo grado, inoltre, il non abbiente non potrà beneficiare del patrocinio a spese dello Stato in grado di appello.

Esclusioni.

Niente patrocinio a spese dello Stato per:

  • Cause per cessione di crediti e ragioni altrui (salvo se la cessione appaia fatta in pagamento di crediti o ragioni preesistenti).

  • Per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 291-quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 80, e 74, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo.

    Ciò in quanto in tali casi il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti. E’ però ammessa la prova contraria (Corte Cost., sentenza n. 139 del 2010).

Come si presenta la domanda e a chi.

La domanda è compilata in carta semplice dall’interessato e deve essere presentata alla Segreteria del Consiglio dell’Ordine degli avvocati del luogo:

  • ove ha sede il magistrato avanti al quale si svolge il processo;

  • ove ha sede il magistrato competente a conoscere del merito della causa non ancora avviata;

  • ove ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento nei casi di impugnazione avanti la Corte di Cassazione, Consiglio di Stato o Corte dei Conti.

La domanda dovrà essere presentata personalmente dall’interessato o dall’avvocato incaricato, il quale autenticherà la firma dell’interessato.

Ad oggi numerosi Tribunali sono attrezzati per il deposito della domanda avvalendosi di specifiche piattaforme telematiche.

Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati cosa deve verificare?

Il COA esegue da un lato una prognosi di merito, valutando cioè la plausibile fondatezza delle pretese che il richiedente vuole far valere in giudizio, e dall’altro effettua un controllo del possesso delle condizioni economiche e soggettive per l’ammissibilità al beneficio.

Non tutte le domande quindi saranno accolte. Sussiste un vero e proprio filtro di ammissibilità: il COA ammette al patrocinio a spese dello Stato chi voglia investire l’autorità giudiziaria di una domanda che sia supportata da ragioni non manifestamente infondate.