LA NUOVA SOSPENSIONE DEGLI OPERATORI SANITARI NON VACCINATI – più potere all’Ordine Professionale e meno diritti ai lavoratori
L’art. 4 del decreto legge 44 del 2021 – che tutti gli operatori sanitari ben conoscono – è la disposizione di legge che ha introdotto l’obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie e per i cosiddetti operatori di interesse sanitario.
La violazione dell’obbligo vaccinale, come è noto, comporta gravissime conseguenze.
Molti lavoratori si sono visti sospendere dal lavoro, dalla retribuzione e persino dall’albo di appartenenza.
Proprio mentre si cercava di comprendere quale fosse la corretta applicazione delle regole introdotte nell’ordinamento attraverso detta legislazione emergenziale, le cose si sono complicate ulteriormente: da pochi giorni, e per la precisione dal 27 novembre 2021 è entrata in vigore (attraverso il decreto legge 172/2021) una modifica dell’art. 4, d.l. 44 del 2021, che ha interamente riscritto la materia stabilendo un iter del tutto nuovo. Con conseguenze simili ma non uguali a quelle poste dalla disciplina precedente.
Gli operatori sanitari sono ovviamente nel pallone: è sorto il problema del raccordo o meglio della compatibilità tra gli atti ed i provvedimenti (amministrativi e datoriali) emessi in vigenza della previgente disciplina con l’attuale vigenza del nuovo articolo 4!
In questo momento molti lavoratori e molte lavoratrici si trovano a casa, sospesi dal lavoro e dalla retribuzione e naturalmente si interrogano sulla attuale portata dell’introduzione della nuova disciplina rispetto alla loro situazione.
In questo articolo si cerca di svolgere qualche ragionamento che sia di aiuto o di stimolo all’individuazione di possibili soluzioni:
In particolare di seguito saranno trattati i seguenti punti:
-
- le differenze tra la disciplina in vigore fino al 26.11.2021 e quella in vigore dal 27.11.2021;
- il nuovo procedimento di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale
- la sorte dei provvedimenti adottati dalle aziende sanitarie e dagli ordini professionali nel vigore della precedente disciplina;
- l’impatto sulla vita quotidiana del mutamento di disciplina.
1. LE DIFFERENZE TRA LA DISCIPLINA PREVIGENTE E QUELLA ATTUALMENTE IN VIGORE
Le differenze tra la disciplina introdotta dal D.L. 44 del 2021 “originario” e quella introdotta dal d.l. 172 del 2021, che modifica il primo, sono molte e significative.
Tali differenze si potrebbero così riassumere: più potere agli ordini professionali e meno diritti per gli esercenti le professioni sanitarie.
Analizziamo più da vicino ognuna di queste differenze.
Più potere agli Ordini professionali, meno potere alle aziende sanitarie locali
Nella disciplina previgente le funzioni principali nell’ambito del procedimento di accertamento dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale erano esercitate dalla azienda sanitaria locale.
Era l’azienda sanitaria, infatti, ad avere il compito di invitare l’interessato a produrre, entro cinque giorni, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione. Ed era sempre l’azienda sanitaria che accertava l’inosservanza dell’obbligo vaccinale, con un provvedimento chiamato “atto di accertamento” che determinava la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicavano contatti interpersonali o che comportavano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
Oggi, invece, sono gli Ordini professionali, in coordinamento con le relative federazioni nazionali, ad assumere un ruolo preponderante. Sono loro, infatti, che da oggi gestiranno il procedimento che porta all’adozione del cosiddetto “atto di accertamento”, che ha degli effetti molto impattanti sulla vita lavorativa degli esercenti le professioni sanitarie.
2. IL NUOVO PROCEDIMENTO DI ACCERTAMENTO DELL’INADEMPIMENTO DELL’OBBLIGO VACCINALE
Il nuovo procedimento di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale da parte degli esercenti le professioni sanitarie si snoda secondo una serie di fasi, che verranno qui di seguito analizzate.
FASE 1: l’Ordine verifica immediatamente il possesso della certificazione verde comprovante lo stato di avvenuta vaccinazione dei propri iscritti.
FASE 2: se non risulta l’effettuazione della vaccinazione, anche con riferimento (dal 15 dicembre 2021) alla dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario, l’ordine invita l’interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione della richiesta, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione (o, in alternativa, l’attestazione relativa all’omissione o al differimento della stessa, possibili solamente nei casi di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2), ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione, da eseguirsi entro un termine non superiore a venti giorni dalla ricezione dell’invito.
FASE 3 (eventuale): se viene presentata documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, l’Ordine invita l’interessato a trasmettere immediatamente e comunque non oltre tre giorni dalla somministrazione la certificazione attestante l’adempimento all’obbligo vaccinale.
FASE 4: se entro cinque giorni non viene prodotta la documentazione richiesta nel corso della “fase 2”, oppure se entro tre giorni dalla (presunta data di) somministrazione del vaccino non viene inviata una certificazione attestante l’adempimento dell’obbligo vaccinale, si aprirà la (temibile) “fase 4”: l’Ordine adotta un atto di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale all’esito delle necessarie verifiche. Tale atto determinerà l’immediata sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie, e sarà annotato nel relativo Albo professionale.
FASE 5: dopo aver accertato il mancato adempimento dell’obbligo vaccinale (anche con riguardo alla dose di richiamo, se andava inoculata in base alle disposizioni di una Circolare del Ministero della Salute) l’Ordine ne darà comunicazione alle Federazioni nazionali competenti e, per il personale che abbia un rapporto di lavoro dipendente, anche al datore di lavoro. Per il periodo di sospensione non saranno dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.
Meno diritti per i lavoratori
Proprio questo ultimo punto, la “fase 5”, mette in luce un’altra fondamentale differenza tra la disciplina previgente e quella oggi in vigore.
Fino al 26.11.2021 l’art. 4 (DL 44/21) obbligava il datore di lavoro ad adibire il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle che implicavano contatti interpersonali o comportavano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. In tal caso era da applicarsi il trattamento corrispondente alle mansioni di fatto esercitate.
Solo se l’assegnazione a mansioni diverse non era possibile non era dovuta, per il periodo di sospensione, la retribuzione.
Dopo il 27.11.2021, con il “nuovo art. 4”, questa disciplina pare essere del tutto venuta meno, e con essa sarebbe scomparso anche l’obbligo per il datore di lavoro di adibire il lavoratore a mansioni anche inferiori, e quindi a riconoscergli il relativo trattamento economico.
Non solo: oggi la legge prevede espressamente che per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.
3a. LA SORTE DEI PROVVEDIMENTI ADOTTATI DALLE AZIENDE SANITARIE NEL VIGORE DELLA PRECEDENTE DISCIPLINA
Per capire quale sia la sorte dei provvedimenti adottati nel vigore della precedente disciplina è necessario fare alcune premesse.
In primo luogo, con la sostituzione del testo dell’art. 4 il legislatore ha abrogato la previgente disciplina, che quindi avrà un effetto limitato nel tempo, e in particolare fino al 26.11.2021.
Dal 27.11.2021, invece, dovrà essere applicata la nuova disciplina (che si è già analizzata nei suoi aspetti fondamentali).
In questo contesto, pare ragionevole ritenere che i provvedimenti amministrativi di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale adottati dalle aziende sanitarie nel vigore della precedente formulazione dell’art. 4 non possano essere considerati “illegittimi” semplicemente in quanto contrastanti con la nuova disciplina.
In poche parole: gli accertamenti dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale adottati fino al 26.11.2021, se legittimi in base alla legge previgente, oggi non possono essere tacciati di “illegittimità sopravvenuta”. Infatti, secondo una consolidata giurisprudenza, in applicazione del principio tempus regit actum, la legittimità dei provvedimenti amministrativi va scrutinata avendo riguardo al quadro normativo esistente al momento dell’adozione dei provvedimenti stessi, senza che eventuali modifiche legislative successive possano essere invocate per dimostrarne l’illegittimità sopravvenuta. Questo vale anche nel caso di specie, perché la nuova legge non sembra prevedere una clausola di retroattività, che andrebbe quindi ad esautorare “retroattivamente” le aziende sanitarie del potere (che oggi non spetta più loro) di accertare l’inadempimento dell’obbligo vaccinale.
Beninteso, se gli atti già adottati erano illegittimi perché contrastanti con la previgente disciplina, essi potranno sempre essere tacciati d’illegittimità; inoltre, è possibile anche che essi vengano caducati se intervenisse una pronuncia della Corte costituzionale, giacché questa avrebbe efficacia “ex tunc”, e quindi farebbe venire meno retroattivamente il quadro normativo sul quale i provvedimenti si basano.
In parole semplici, se sono legittimi alla luce della normativa previgente, gli atti di accertamento adottati dalle singole aziende sanitarie nel vigore della precedente normativa non possono essere definiti “illegittimi” solo perché alla luce della nuova norma il potere di accertare l’inadempimento dell’obbligo vaccinale spetta agli Ordini.
Ci si deve interrogare, però, sulla portata concreta che quei provvedimenti, sia pure a tutt’oggi legittimi, hanno nel nuovo contesto normativo.
Ai sensi del art. 4, co. 6 previgente, l’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determinava la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
Oggi, invece, un effetto simile è collegato dall’art. 4, co. 4 ad un altro provvedimento, e cioè all’atto di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale adottato da parte dell’Ordine professionale.
Quindi e riassumendo, gli atti di accertamento, anche se legittimi, sembrano non avere più, oggi, l’effetto della sospensione del sanitario dal diritto di svolgere determinate prestazioni o mansioni.
Infatti, secondo la disciplina ad oggi in vigore, l’effetto della sospensione (questa volta non dall’esercizio di alcune mansioni ma “in generale”) dall’esercizio delle professioni sanitarie può derivare solo e soltanto dall’adozione di un atto di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale da parte dell’Ordine professionale in seguito all’attivazione del nuovo (e diverso) procedimento.
I vecchi atti di accertamento, in forza del ragionamento sin qui condotto, se fino al 26.11.2021 determinavano la sospensione dal lavoro, successivamente all’ingresso del nuovo art. 4, avrebbero perso la loro efficacia.
3b. LA SORTE DEI PROVVEDIMENTI ADOTTATI DAGLI ORDINI NEL VIGORE DELLA PRECEDENTE DISCIPLINA
Diversamente da quanto detto nel punto precedente, sembra che alcuni Ordini professionali abbiano interpretato in modo errato la vecchia disciplina dell’art. 4, ricorrendo allo strumento della sospensione dall’esercizio della professione e, quindi, dall’albo in dei casi in cui la legge non prevedeva tale sospensione.
Infatti, l’art. 4 previgente prevedeva solamente l’obbligo da parte dell’Ordine di comunicare all’interessato la sospensione che conseguiva all’atto di accertamento dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale adottato dall’azienda sanitaria.
Le sospensioni dagli Ordini professionali deliberate prima del 27.11.2021 potrebbero quindi essere illegittime oggi come lo erano allora.
La nuova disciplina sembra anzi portare nuovi elementi a sostegno della illegittimità delle sospensioni dall’albo deliberate dagli Ordini prima del 27.11.2021 proprio laddove essa stessa prevede (questa volta sì) che siano gli Ordini ad accertare il mancato adempimento dell’obbligo vaccinale, e ad annotare la sospensione conseguente da tale accertamento nell’albo (cosa che prima, invece, non era prevista).
Se questa tesi si rivelasse fondata, il singolo esercente la professione sanitaria potrebbe agire per vedere accertata l’illegittimità della sospensione dall’albo, con ogni eventuale conseguenza anche dal punto di vista risarcitorio.
Infatti, gli esercenti le professioni sanitarie sospesi (illegittimamente) dai loro albi si sono tendenzialmente trovati nell’impossibilità di essere assegnati a mansioni diverse (anche inferiori) da parte dei loro datori di lavoro.
4. L’IMPATTO SULLA VITA QUOTIDIANA
L’impatto della nuova disciplina sulla vita quotidiana degli esercenti la professione sanitaria si prefigura come in parte positivo e in parte negativo.
NEGATIVO perché la nuova disciplina esclude radicalmente la possibilità, per l’esercente la professione sanitaria sospeso, di essere adibito, ove possibile, a mansioni anche inferiori e, quindi, di mantenere uno stipendio (sia pure ridotto). Sul punto pare necessario formulare ampie riserve sulla legittimità di tale disposizione. Ma questa sarà materia di un altro specifico approfondimento.
POSITIVO perché la nuova disciplina sembra gettare luce, indirettamente, sul vero significato (ad oggi ancora controverso) della disciplina previgente. Sembra potersi desumere dalla nuova disciplina, infatti, che tutte le sospensioni dagli albi deliberate prima del 27.11.2021 sarebbero illegittime perché allora (tempus regit actum) non esisteva una legge che consentiva agli Ordini professionali di sospendere i professionisti tout court dall’albo.
Questo apre una possibile strada a contenziosi contro gli Ordini e contro i datori di lavoro che fino al 26.11.2021 sembrano essersi comportanti in contrasto con la disciplina previgente.
Un ulteriore effetto positivo dell’entrata in vigore della nuova legge è che agli atti di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale adottati dalle aziende sanitarie prima del 27.11.2021 non è più ricollegato l’effetto della sospensione dall’esercizio delle mansioni.
Tale effetto discende, ad oggi, SOLO dall’atto di accertamento adottato (o, meglio, che dovrà essere adottato, all’esito del nuovo iter) dall’Ordine professionale.
Fino a quando gli Ordini non adotteranno gli atti di accertamento di loro competenza gli esercenti la professione sanitaria sembrerebbero poter legittimamente pretendere il rientro sul luogo di lavoro. Ciò in quanto la loro sospensione non pare più essere sorretta dall’unico atto che oggi ne costituisce il presupposto, e cioè l’atto di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale emesso dall’Ordine Professionale.
Nella pratica si segnala che un possibile ostacolo al rientro potrebbe essere ravvisato nel provvedimento di sospensione dall’albo che taluni Ordini Territoriali hanno in effetti già comminato nei confronti dei loro iscritti secondo una interpretazione discutibile della previgente legge.
La sostanza è la seguente: i lavoratori che siano stati destinatari, prima del 26.11.2021, di un “atto di accertamento della mancata vaccinazione” emesso dall’Azienda Sanitaria Territoriale, e che in forza di tale atto siano stati sospesi dal lavoro, dopo il 27.11.2021 potrebbero pretendere il rientro sul luogo di lavoro. Quantomeno sino all’emanazione dell’ “atto di accertamento della mancata vaccinazione” emesso (questa volta) dall’Ordine Professionale ai sensi del nuovo art. 4.
Di certo la volontà del legislatore, nell’introdurre il “nuovo articolo 4” non era quella di consentire un rientro provvisorio in servizio dei lavoratori non vaccinati. Tuttavia la tesi sopra esposta sembra avere piena dignità.
Ovviamente al momento la questione è priva di precedenti giurisprudenziali.
Alcuni problemi aperti
Da ultimo, bisogna evidenziare che la nuova disciplina potrebbe prestare il fianco ad alcune critiche.
In particolare, non è dato sapere ogni quanto gli Ordini dovranno riaprire la procedura di accertamento per verificare se l’esercente si sarà fatto inoculare anche la cosiddetta “terza dose”.
Inoltre, la disciplina ad oggi in vigore sembra essere compatibile solamente con vaccini che prevedano un ciclo vaccinale primario di durata assai limitata e quindi, in fin dei conti, solo con i vaccini che vengono somministrati in unica dose.
Infatti, i “venti giorni” che vengono garantiti tra la ricezione dell’invito da parte dell’Ordine e l’effettivo completamento (che in questi venti giorni sembra dover avvenire) del ciclo vaccinale sono incompatibili, ad esempio, con le modalità di somministrazione del vaccino Comirnaty (Pfizer/BioNTech) che prevede due iniezioni a distanza di almeno 21 giorni l’una dall’altra.
Infine, la disciplina sembra voler attribuire agli Ordini professionali un ruolo che a loro, forse, mal si addice: da organi di rappresentanza e di tutela dei propri iscritti e della professione, essi sembrano diventare (forse loro malgrado) portavoce (non più neutrali) delle politiche sanitarie dello Stato (indipendentemente dalla condivisibilità, o meno, di tali politiche).
Il vecchio e il nuovo iter a confronto
La seguente tabella (clicca sull’immagine per visualizzare a pagina intera e per scaricarla) mette a raffronto, nel dettaglio, le due discipline: quella in vigore fino al 26.11 e quella post 27.11
Dato che il decreto-legge modificativo del testo di legge previgente dovrà essere convertito, si anticipa fin da subito che non si può escludere che, con la legge di conversione, vengano introdotte ulteriori modifiche.