Cervo invade la carreggiata e provoca un sinistro con gravi danni: negato il risarcimento.
L’Ente Pubblico (Regione o Provincie) ha il compito di porre in essere azioni concrete volte a scongiurare il pericolo che la fauna selvatica produca danni ai cittadini, nei limiti della prevedibilità, della evitabilità e della concreta esigibilità.
Per quanto riguarda il pericolo che gli animali selvatici producano incidenti stradali, è il cittadino che vuole essere risarcito a dover provare la colpa dell’ente pubblico consistente nel non aver adottato misure sufficienti (nei limiti della concreta esigibilità) a prevenire il sinistro.
Il cartello di pericolo può essere ritenuta sufficiente a distogliere l’Ente Pubblico dalle proprie responsabilità.
In ogni caso, ad escludere il risarcimento può sempre concorrere anche la corresponsabilità colposa dello stesso guidatore danneggiato, il quale non abbia tenuto una condotta automobilistica sufficientemente prudente in considerazione dell’intuibile rischio di imbattersi improvvisamente in un animale selvatico.
Sarà, in quest’ultimo caso, l’Ente Pubblico a dover provare la coppa (imprudenza) del danneggiato.
Il caso oggetto della sentenza in esame (qui sotto) riguarda il caso di un automobilista, il quale guidava di notte, sotto la pioggia e in condizioni di scarsa visibilità. Improvvisamente, tra un tornante e l’altro, si è trovato davanti ad un grande cervo, immobile, in mezzo alla strada. Non ha saputo evitare l’impatto ed il veicolo si è gravemente danneggiato. Al lato della strada, però, c’era il cartello che avvisava del pericolo. Niente risarcimento in quanto l’automobilista non ha saputo provare in che cosa sarebbe consistita la colpa dell’Ente Pubblico. Non ha saputo riferire al Tribunale, in pratica, cosa la Regione avrebbe potuto fare di più in concreto (nei limiti della esigibilità) per scongiurare il sinistro.
Insomma: una brutta disavventura sia sulla strada che in Tribunale.
Al cervo è andata sicuramente peggio.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 5 luglio – 13 dicembre 2019, n. 32775
Fatti di causa
(…) Il ricorrente deduce che un cervo adulto, mentre, il 25 agosto 2013, alle 21.30, in condizioni di scarsa visibilità per il buio, la nebbia e la pioggia, percorreva con la propria Opel, la strada comunale n. 51, facendo irruzione sulla sua carreggiata, investiva l’auto, provocando ingenti danni, consistenti nella distruzione di tutta la parte anteriore con scoppio dei due airbag, come emergeva dalla scheda di rilevazione della Polizia Provinciale di Belluno intervenuta sul luogo dell’incidente.
Il Tribunale di Belluno, dinanzi al quale l’odierno ricorrente aveva citato la Regione Veneto, per ottenerne in via principale la condanna al risarcimento dei danni quantificati in Euro 13.600,00 o nella diversa somma accertata giudizialmente ai sensi degli artt. 2052 o 2043 c.c., in via subordinata in Euro 12.472,50, nell’ipotesi in cui il giudice avesse ritenuto antieconomica la rottamazione dell’autovettura e in via ulteriormente subordinata, ove fosse emerso un suo concorso di colpa, in Euro 6.800,00, con la sentenza qui impugnata, rigettava la domanda e lo condannava al pagamento delle spese di lite.
La Corte d’Appello di Venezia, investita del gravame, con ordinanza del 4 aprile 2018, dichiarava inammissibile l’appello ex artt. 348 bis e 348 ter, comma 1, c.p.c. e condannava l’appellante, odierno ricorrente, al pagamento delle spese processuali.
Ragioni della decisione
1) Il ricorrente censura la sentenza per violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2043 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. p. 17).
L’assunto cassatorio è il seguente: il Tribunale di Padova avrebbe errato nel ritenere che egli non avesse assolto l’onere di provare il comportamento colposo della Regione Veneto, ai sensi dell’art. 2043 c.c., perché, premesso che sulla Regione, ai sensi dell’art. 1 della L 11/02/1992, n. 157, gravava l’obbligo di predisporre tutte le misure idonee ad evitare che gli animali selvatici arrecassero danni a persone o a cose, egli avrebbe indicato il contenuto specifico degli adempimenti che la Regione Veneto avrebbe potuto porre in essere, in considerazione della frequenza di incidenti di analoga natura verificatisi nella dona (71 nei comuni di San Vito e Cortina 41 dei quali lungo la statale 51) che l’Ente non avrebbe potuto ignorare; di talché in applicazione della giurisprudenza di questa Corte regolatrice, ed in particolare della sentenza n. 27673/2008, quanto all’onere della prova del fatto omissivo, e della sentenza n. 9276/2014, quanto alla prova del nesso di causa, la conclusione del ricorrente che il giudice si sia pronunciato in violazione dell’art. 2043 c.c..
La sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto, in aggiunta, che l’apposizione di un cartello di pericolo a 450 metri dal luogo teatro dell’incidente fosse misura sufficiente ed idonea per escludere una responsabilità colposa della Regione, non ravvisandosi un obbligo generalizzato di recinzione di tutti i perimetro boschivi a suo carico.
Il ricorrente contesta tali conclusioni, perché in una zona, come quella in cui si era verificato l’impatto, ove il numero di incidenti era così elevato, la predisposizione di una segnaletica di pericolo non avrebbe dovuto essere considerata misura idonea.
Giova ribadire i principi più volte enunciati da questa Corte regolatrice:
– gli animali vaganti non hanno mai avuto né un proprietario né un utilizzatore, il danneggiato da un loro comportamento non può, perciò, invocare l’art. 2052 c.c., bensì utilizzare l’art. 2043 c.c., dimostrando una condotta colposa ascrivile al soggetto preposto alla cattura ed alla custodia di essi; va, altresì, precisato che nel caso di specie l’incidente occorso non si è verificato per causa di un animale randagio, bensì per l’improvvisa invasione della corsia di marcia da parte di un cinghiale che, ai sensi della L. n.157 del 1992, appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato, il cui controllo spetta alle Regioni, alla quale la medesima legge assegna espressamente compiti di organizzazione del relativo controllo. La giurisprudenza di questa Corte, contrariamente al parere di una parte della dottrina che Invoca \i regime di responsabilità di cui all’art. 2052 c.c. avendo l’ordinamento individuato tanto un patrimonio, lo Stato, quanto un controllore, la Regione, riconduce anche questa ipotesi all’art. 2043 c.c. La fauna selvatica, infatti, è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale, posto che si tratta di espressione di una politica di sostegno dell’equilibrio ecologico che di per sé non impone alla pubblica amministrazione l’obbligo di attuare generali misure di protezione e di sorveglianza, fatti salvi i pericoli intercettati e segnalati in concreto e non adeguatamente considerati Anche la Corte Costituzionale, interpellata in merito, ha escluso la sussistenza di una irragionevole disparità di trattamento tra il privato, proprietario di un animale domestico (o in cattività), e la Pubblica Amministrazione, nel cui patrimonio sono ricompresi anche gli animali selvatici, sotto il profilo che gli eventuali pregiudizi, provocati da “animali che soddisfano il godimento della intera collettività, costituiscono un evento puramente naturale di cui la comunità intera deve farsi carico, secondo il regime ordinario e solidaristico di imputazione della responsabilità civile, ex art. 2043 c.c.” (Cass. 27/02/2019, n. 5722).
– non è possibile riconoscere una responsabilità ex art. 2043 c.c. semplicemente sulla base della individuazione dell’ente cui la normativa affida in generale il compito di tutela della suddetta fauna occorrendo la puntuale allegazione, o quantomeno la specifica indicazione, il cui onere spetta all’attore danneggiato in base alle regole generali, di una condotta omissiva efficiente sul piano della presumibile sua ricollegabilità al danno ricevuto.
Il Tribunale ha esattamente individuato la premessa in iure del suo ragionamento e non è incorso nel vizio imputatogli dal ricorrente quando, con una motivazione con essa collimante, ha ritenuto che il ricorrente non avesse soddisfatto l’onere probatorio di cui era gravato.
Il tipo di comportamento esigibile volta per volta e in concreto da parte della Regione, si da dedurne la eventuale responsabilità sulla base dello scarto tra la condotta concreta e la condotta esigibile – quest’ultima individuata secondo i criteri della prevedibilità e della evitabilità e della mancata adozione di tutte le precauzioni idonee a mantenere entro l’alea normale il rischio connaturato al fenomeno dell’attraversamento stradale da parte della fauna selvatica – deve essere valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, tenendo conto che per imputare a titolo di colpa un evento dannoso non basta che esso sia prevedibile – rappresenta, infatti, un fenomeno del tutto naturale che animali selvatici possano attraversare le strade – ma occorre anche che esso sia evitabile in quel determinato momento ed in quella particolare situazione con uno sforzo proporzionato alle capacità dell’agente.
Ebbene, nel caso di specie, ricordato che la valutazione circa la sussistenza o meno di comportamenti colposi rilevanti ai sensi dell’art. 2043 c.c. è un compito rimesso al giudice di merito e che il relativo esito è sindacabile in questa sede solo in presenza di corretta motivazione (Cass. 06/03/2019, n. 6446), va rilevato che il ricorrente non ha provato che nel caso di specie caratterizzato, per sua stessa ammissione, da scarsa visibilità a causa del buio, della pioggia e della nebbia, non fosse sufficiente quale misura atta a prevenire il danno occorsogli il cartello di pericolo che la Regione aveva apposto in prossimità del teatro dell’incidente.
Proprio le condizioni di tempo e di luogo indicate dal ricorrente in aggiunta alla segnalazione di pericolo di attraversamento di animali selvatici avrebbero dovuto indurre la vittima ad adottare alla guida dell’auto un comportamento particolarmente prudente sufficiente, secondo un criterio di ragionevolezza, ad evitare l’impatto con l’animale.
Il motivo non merita dunque accoglimento.
Nulla deve essere liquidato per le spese, atteso che la Regione Veneto si è costituita con memoria, depositata il 25 giugno 2019, che difetta dei caratteri necessari per attivare il contraddittorio rispetto alla parte ricorrente (Cass. 5/12/ 2014, n. 25735).
Si dà atto della ricorrenza dei presupposti per porre a carico del ricorrente l’obbligo di pagamento del doppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso (..)