Avvocato Pallanch

CASCO A SCODELLA – è di moda ma non è a norma: il danno biologico al volto non viene mai risarcito in caso di sinistro!

Il fascino del casco “a scodella” è fuori discussione.

È il classico accessorio vintage che non può mancare nel look del motociclista modaiolo del nuovo millennio.

Se ne vede di ogni genere. Alcuni evocano lo stile aviatore d’epoca (in tal caso la perfezione richiederebbe l’abbinamento con occhiale in pelle e sciarpa bianca al vento, stile Barone Rosso), altri sembrano elmetti militari della Grande Guerra.

Qualche giorno fa, nel traffico congestionato di un lungolago turistico, ho visto sfilare alcune meravigliose moto “cafè racer” dirette alle spiagge. Uno dei centauri indossava addirittura un elmetto prussiano a mo’ di casco! Si, quello con la punta!

Appariscente. Vintage. Provocatorio.

C’è però un problema: il casco a scodella non è omologato!

 

  • Come riconoscere un casco omologato.

  • E il casco a scodella?

  • Ci sono sanzioni?

  • E in caso di sinistro? L’assicurazione paga?

COME RICONOSCERE UN CASCO OMOLOGATO:

L’omologazione in Italia viene concessa solo ai caschi che soddisfano la normativa ECE 22-05 e che quindi sono considerati sicuri per l’utilizzo in tutta la U.E.

Il casco deve avere un’etichetta cucita sul cinturino, la quale fornisce le necessarie informazioni per comprendere se il casco è omologato e se l’omologazione consente la circolazione in Italia.

Vediamo un esempio di etichetta:

La E all’interno del cerchio indica la rispondenza alla normativa Europea: il casco può essere utilizzato in tutto il territorio della UE.

Il numero che segue la lettera E indica lo stato di rilascio della omologazione: il numero 3, in particolare, indica l’Italia.

05 indica la versione della direttiva europea che disciplina gli standard di omologazione “ECE”

01245 indica il numero dell’omologazione

/P indica il tipo di protezione della mentoniera (/J Jet o Demijet privi di mentoniera; /NP caschi con mentoniera non protettiva; /P caschi con mentoniera protettiva da usare sempre chiusa; /P-J caschi modulari con mentoniera protettiva che si può usare sia in posizione aperta che chiusa).

12345 indica il numero progressivo di produzione.

E IL CASCO A SCODELLA?

Il casco con omologazione DGM (detto “a scodella” o “a padella”) anche se resistente lascia scoperta un’ampia zona del cranio e non risponde agli standard europei.

Fino al 2010 era possibile utilizzarlo sui ciclomotori (50cc con velocità max 45 km/h), ma in seguito alla L. 120/2010 l’impiego di caschi non omologati agli standard europei è vietato SEMPRE.

 

CI SONO SANZIONI?

L’art. 171 del Codice della Strada stabilisce che:

durante la marcia, ai conducenti e agli eventuali passeggeri di ciclomotori e motoveicoli è fatto obbligo di indossare e di tenere regolarmente allacciato un casco protettivo conforme ai tipi omologati, in conformità con i regolamenti emanati dall’Ufficio europeo per le Nazioni Unite – Commissione economica per l’Europa e con la normativa comunitaria”.

Chi indossa un casco non omologato rischia una sanzione pecuniaria da € 81 a € 326 oltre al fermo amministrativo del veicolo per 60 giorni!

 

E IN CASO DI SINISTRO? L’ ASSICURAZIONE PAGA?

In caso di sinistro (e veniamo alla sentenza in commento) si incontra un ulteriore problema: anche in assenza di responsabilità (es. motociclista che viene travolto mentre è fermo al semaforo) non sarà risarcita quella parte di danno biologico che il centauro avrebbe potuto evitare indossando un caso omologato.

Ci si riferisce al danno al volto ed in generale a quella parte di cranio che il caso a scodella – a differenza dei caschi Jet omologati – non protegge.

Si tratta di una applicazione dell’art. 1227 del codice civile, il quale, in materia di “concorso del fatto colposo del creditore”, dispone che se il danno è cagionato anche dalla colpa del danneggiato (nel nostro caso la colpa consiste nel non aver indossato un casco omologato), l’importo risarcitorio sarà diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguente che ne sono derivate.

avv. Matteo Pallanch

 

Estratto da:

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 10 gennaio – 30 luglio 2019, n. 20558

Considerato che:

con il primo motivo si deduce la violazione l’articolo 171 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della strada), in riferimento all’articolo 360, n. 3 c.p.c. Rileva il ricorrente che il sinistro si è verificato nel lontano 15 maggio 2008 per cui il giudice di appello, nel ritenere illegale il casco protettivo cd a scodella, cioè con omologazione DGM non avrebbe tenuto conto che tale disposizione era stata introdotta a partire dal 12 ottobre 2010. L’articolo 28 della legge 29 luglio 2010, n. 120, in materia di sicurezza stradale, aveva modificato l’articolo 171 del Codice della strada che riguarda l’utilizzo del casco protettivo per i conducenti dei veicoli a due ruote adeguando la normativa italiana ai regolamenti comunitari, prevedendo, al secondo comma, che le modificate disposizioni dell’articolo 171 avrebbero trovato applicazione dal 60 giorno successivo alla entrata in vigore della legge (12 ottobre 2010). Pertanto poiché il sinistro era intervenuto prima di quella data al conducente non avrebbe potuto essere addebitata alcuna responsabilità per l’utilizzo di un casco di protezione comunque legittimo;
con il secondo motivo si lamenta la violazione di articoli 112 e 115 c.p.c. con riferimento all’articolo 360, n. 4 c.p.c. rilevando che la circostanza posta a sostegno della decisione, rappresentata dall’uso di un casco non previsto dalla legge, era stata rilevata d’ufficio dal Tribunale in difetto di eccezione di controparte. Pertanto, il giudice di appello avrebbe esaminato circostanze di fatto in violazione dell’articolo 112 c.p.c.;
il primo motivo è infondato perché la legge 29 luglio 2010 n. 120, all’articolo 28, con decorrenza dal 12 ottobre 2010, ha resto illegittimo l’utilizzo del casco con omologazione DGM anche per i ciclomotori, mentre per gli altri veicoli (motocicli) la sospensione delle omologazioni era già intervenuta con D.M. 28 luglio 2000. Pertanto, parte ricorrente avrebbe dovuto dedurre, ai sensi dell’articolo 366, n. 6 c.p.c. che la vicenda riguardava la circolazione di un ciclomotore, cioè di un veicolo a due ruote di cilindrata non superiore a 50 c.c. e velocità massima di 45 km all’ora. Tale elemento difetta nel ricorso ed anzi, il Tribunale si riferisce sempre alla circolazione in un motociclo, cioè di un veicolo con cilindrata e velocità superiori, per il quale il divieto di utilizzo del cd casco a scodella (DGM) era assai precedente alla data di verificazione del sinistro;
il secondo motivo è infondato poiché il principio di non contestazione è evocato a torto, dato che si fa riferimento non alla mancata contestazione di un fatto, bensì alla mancata contestazione di una qualificazione di liceità dell’uso del casco a scodella, che, inerendo ad un problema di individuazione del diritto applicabile ai fatti doverosamente il Tribunale ha fatto, applicando il principio iura novit curia;
per il resto, il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda denunciare l’omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della prova derivante dalla assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza, deve indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericità o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12840 del 22/05/2017, Rv. 644383 – 01);
ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; nulla per le spese perché la parte intimata non ha svolto attività processuale in questa sede. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) -della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma Ibis dello stesso articolo 13.