Risarcimento del danno! Insidia stradale: la buca sotto casa è nota al danneggiato? Non di notte o se piove!
Se un cittadino, circolando in bicicletta o in moto, cade in una buca e subisce un danno, l’ente custode della strada è tenuto al risarcimento, salva la prova del caso fortuito.
Puoi trovare un approfondimento circa modi, tempi e casi di risarcimento del danno nell’articolo: “INSIDIA STRADALE – GUIDA AL RISARCIMENTO DEL DANNO” ed un audio di approfondimento sul punto nel podcast del mio intervento su RADIO Rai1 nella trasmissione “Andata e Ritorno – viaggio nel paese reale” del 02.05.2019.
La sentenza in commento chiarisce un punto decisamente interessante in materia di esclusione del risarcimento per colpa del danneggiato!
In numerose sentenze si è visto addebitare la colpa del sinistro proprio al soggetto danneggiato il quale sia inciampato o comunque sia caduto in una buca posta proprio sulla strada di casa o comunque in un tratto di strada percorso spesso.
In questi casi si è riconosciuta una presunzione di conoscenza dell’esistenza della buca da parte del danneggiato.
Il cittadino, dovendosi ricordare che la strada percorsa tutti i giorni è gravata da un’insidia, dovrebbe ricordarsi del pericolo e quindi evitare di cadere nella buca.
Nel caso oggetto di sentenza, però, il Comune è stato condannato a risarcire i danni di un cittadino che era caduto proprio in una buca che si trovava nei pressi di casa e che era verosimilmente nota allo stesso danneggiato!
Perché?
La Corte ha ritenuto di poter escludere la colpa del danneggiato in quanto se da un lato il cittadino doveva sapere dell’esistenza della buca, dall’altro lato la stessa era poco visibile a causa della poca illuminazione del manto stradale ed in ragione di un recente acquazzone che la aveva coperta.
Il cittadino, secondo il principio espresso dalla Suprema Corte, è onerato dal dovere di ricordare che sulla strada di casa è presente una buca, ma non anche dall’obbligo di ricordarne esattamente l’ubicazione nel manto stradale.
Insomma, secondo la Suprema Corte, in tema di risarcimento da insidia stradale non esistono presunzioni di diritto: si deve effettuare una valutazione caso per caso, considerando tutte le circostanze concorrenti.
Nel caso di specie la Corte ha saputo apprezzare la scarsa visibilità ed il fatto che la buca fosse occultata dall’acqua, con la conseguenza che non tenere conto di queste concrete circostanze, significherebbe addossare (ingiustamente) al danneggiato non solo l’obbligo cautelare di conoscere le buche a lui vicine, ma anche quello di ricordarne esattamente l’ubicazione, in modo tale che, quando, come nella fattispecie, non sono visibili, possono comunque essere evitate ricordandosi l’esatta loro collocazione. Infatti, nel caso concreto, solo il ricordo preciso della ubicazione della buca, e non già la mera conoscenza che ve ne fosse una sul percorso, avrebbe consentito di evitare l’evento, dal momento che la buca non era visibile e sapere semplicemente che vi fosse non era sufficiente ad evitarla.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 9 aprile – 31 maggio 2019, n. 14908
Fatti di causa
A percorrendo con un ciclomotore intestato a B una stradina che portava a casa sua, alla fine di una salita, finiva in una buca, in quel momento piena dell’acqua piovana di una recente precipitazione.
Entrambi, conducente e proprietaria, agivano, ciascuno per i danni in proprio subiti, contro il Comune di Scalea, contestando una responsabilità di quest’ultimo ai sensi dell’art. 2051 c.c..
Il giudice di prime cure, ritenuto che la fattispecie rientrava nella previsione di quella norma, a dispetto invece del contrario avviso dell’ente locale, accoglieva la domanda ed accordava ai due attori un risarcimento dei danni di 22647,28 Euro.
Su appello del Comune di Scalea questa decisione veniva riformata, nel senso che la corte di appello riteneva esclusiva la colpa del danneggiato, il quale, da un lato, avrebbe dovuto moderare la velocità, e dall’altro, avrebbe dovuto evitare la buca, che, trovandosi vicino casa, gli doveva essere nota.
Ricorrono i due iniziali attori con tre motivi di ricorso. V’è costituzione del Comune di Scalea con controricorso.
Ragioni della decisione
1.- La sentenza impugnata, riferita la fattispecie concreta all’art. 2051 c.c., ha ritenuto di escludere la responsabilità del Comune di Scalea, attribuendo il danno interamente al concorso colposo del danneggiato.
La colpa di costui, secondo i giudici di merito, starebbe nel non avere colpevolmente evitato un pregiudizio, che per ordinaria diligenza, avrebbe invece potuto evitare.
La colpa è ricavata da due elementi indizianti.
Da un lato, secondo la corte, il conducente non avrebbe moderato la velocità adeguandola alle condizioni del momento: scarsa illuminazione, strada resa scivolosa dalla pioggia, ecc.; per altro verso, avrebbe dovuto evitare la buca, in quanto abitava nelle vicinanze, e si deve quindi presumere che la conoscesse.
(…)
Per meglio comprendere le ragioni dell’accoglimento del ricorso, serve una chiosa sulla regola di giudizio adottata dalla corte di merito.
Quest’ultima assume che l’evento (la caduta nella buca) era prevedibile ed evitabile.
La corte di merito ricava la prevedibilità dell’evento dalla circostanza che il danneggiato abitava nelle vicinanze, circostanza che fa presumere la conoscenza della esistenza della buca, e quindi la prevedibilità del danno. L’elemento della prevedibilità è così ricavato da un indizio, da un fatto noto, che, secondo la corte, vale di per sé, ossia a prescindere dalla circostanza concreta, a far presumere conoscenza della buca e dunque prevedibilità dell’evento.
Invece, l’evitabilità di quest’ultimo è ricavata dalla corte dalla regola cautelare dell’andatura moderata: il danno sarebbe stato evitabile se fosse stata rispettata una andatura moderata.
Le censure mosse a questo ragionamento sono fondate.
2.1- Intanto, risulta fondato il terzo motivo, in base al quale i ricorrenti contestano alla decisione impugnata di aver posto a base della decisione, quale elemento di prova, un fatto inesistente, non allegato dalle parti, né altrimenti emerso: quello della velocità del motociclo.
La corte, a pagina 8, assume che il danneggiato “avrebbe dovuto moderare particolarmente la velocità in considerazione dell’ora tarda, della strada dissestata su cui aveva piovuto da poco e dell’assenza di illuminazione”, con ciò supponendo che, per contro, il motociclo viaggiasse ad elevata velocità.
Il giudizio è nei termini del tipico controfattuale: se avesse moderato la velocità avrebbe potuto evitare la buca. Il controfattuale è un giudizio ipotetico (se avesse moderato la velocità) che si può formulare solo se lo si pone come alternativo ad un fatto certo o sufficientemente probabile (ossia non l’ha moderata).
Altrimenti, l’ipotesi costituita dalla condotta alternativa lecita (se avesse moderato la velocità) non è alternativa al fatto realmente accaduto, ma ad un fatto a sua volta ipotetico.
Il giudizio controfattuale serve a sostituire la condotta alternativa lecita (il medico avrebbe dovuto fare un certo esame diagnostico, il conducente avrebbe dovuto moderare la velocità) a quella effettivamente tenuta, e quest’ultima deve essere certa o sufficientemente probabile.
Nel caso presente non risulta affatto che il conducente del motociclo stesse percorrendo la strada a velocità non adeguata. O meglio, la corte non dice perché ritiene che l’andatura fosse eccessiva avuto riguardo allo stato dei luoghi, né indica alcun elemento (entità dei danni, tracce di frenata, o altro genere di indizio) da cui ha potuto inferire che l’andatura fosse elevata.
Non essendovi alcuna ragione per affermare che la velocità non era adeguata (e non essendo ricavabile una tale ragione dalla motivazione della sentenza), il giudizio controfattuale sulla evitabilità del danno è sicuramente viziato. Non si può concludere che una velocità moderata avrebbe fatto evitare il danno, se non risulta né certo né probabile che la velocità fosse, al contrario, elevata o non adeguata alle condizioni della strada.
Con la conseguenza che la corte di merito pone a base della decisione un fatto (la velocità del motociclo) assolutamente non risultante dagli atti di causa, in violazione dell’art. 115 c.p.c., norma che vieta di reputare esistenti prove, o elementi indiziari in realtà inesistenti o non emersi in giudizio (Cass. 9356/2017).
3.- Risulta fondato altresì anche il primo motivo, che può essere letto, nella prospettiva di ciò che si sta per dire, unitamente al secondo.
Come si è detto l’evitabilità dell’evento, e dunque un elemento della colpa del danneggiato, è stata ricavata dalla velocità sostenuta, senza però indicare da cosa quest’ultima possa risultare evidente.
L’altro elemento della colpa, ossia la prevedibilità del danno, è invece ricavato dalla vicinanza della buca all’abitazione del conducente.
Anche su questo punto la decisione va censurata, per le ragioni che seguono.
È vero che se la buca in cui si incappa è posta nelle vicinanze dell’abitazione del danneggiato ciò può costituire indizio, o elemento utile a ricavare la prevedibilità del danno, ossia per consentire un giudizio affermativo sulla prevedibilità (ed anche, se si vuole, evitabilità) del danno stesso (Cass. 11526/ 2017).
Ed in questo caso, emerge dagli atti, la buca era su una delle strade che portano a casa del danneggiato.
Tuttavia, il vizio del ragionamento che ha portato ad affermare la colpa, qui, sta in un diverso argomento.
La vicinanza della buca alla abitazione del danneggiato, oppure ai luoghi da quest’ultimo solitamente frequentati, è usata, nella prassi, quale indizio di prevedibilità dell’evento, e dunque quale indizio di un elemento della colpa, nel senso che, se la buca è li vicino, si presume, sulla base di massime di esperienza, che la si conosca. Ciò rende l’evento prevedibile.
Come è noto la prevedibilità dell’evento è altresì criterio per stabilire una regola cautelare, nel senso che gli eventi prevedibili, nei limiti del possibile, vanno evitati.
Questo criterio di accertamento della colpa del danneggiato, va però precisato.
Infatti, l’elemento della vicinanza della buca ai luoghi frequentati di solito dal danneggiato, non può valere, da solo, di per sé, a far presumere la conoscenza della buca e soprattutto della sua ubicazione, e dunque a far ritenere come prevedibile ed evitabile l’evento.
Un simile indizio non ha, di per sé, sufficienza gravità, ossia non ha la capacità di far indurre il fatto ignoto se da solo considerato, e va valutato in concreto, unitamente alle altre circostanze note, altrimenti si finisce con il far operare non solo una presunzione destituita di fondamento razionale, ossia di ciò che rende quel fatto (vicinanza della buca) un elemento indiziante; ma altresì si finisce con il far gravare sul cittadino l’obbligo cautelare di conoscere e ricordare l’ubicazione delle buche che stanno nelle vicinanze dei luoghi che frequenta solitamente, e di farne anche aggiornamento periodico, visto che le buche alcune spariscono ed altre compaiono anche a breve tempo di distanza.
Ossia: se la vicinanza della buca indica che doveva essere nota al conducente (o da questi conoscibile) a prescindere da altre circostanze del caso concreto, ossia, di per sé, ciò avviene sulla base di una massima di esperienza che viene generalizzata, vale a dire che collega due classi di eventi astrattamente considerati, la classe della vicinanza del pericolo e la classe della prevedibilità del medesimo, e induce quest’ultima da quella, a prescindere dalle circostanze del caso. Con la conseguenza che da questa astrazione si ricava poi una regola cautelare: chi ha la buca vicina è tenuto a conoscerla ed evitarla, e ciò, per l’appunto, a prescindere dalle circostanze del caso concreto.
Piuttosto, il significato indiziante di quel fatto (vicinanza della buca), va valutato nella fattispecie singola, e non in astratto, tenendo conto delle circostanze del caso specifico.
Nel caso presente, era pacifico, e la sentenza di merito ne dà atto, che la strada era buia, e che la buca era piena d’acqua, dunque coperta, a causa delle precipitazioni recenti.
V’erano quindi questi altri indizi che andavano considerati insieme alla circostanza che la buca fosse vicino casa, e che andavano valutati insieme all’elemento della vicinanza. Qualora esista, dunque, una pluralità di fatti potenzialmente significativi, il giudice di merito è tenuto a considerarli tutti, per verificare la loro concordanza, come preteso dall’art. 2729 c.c., e cosi come è viziata la decisione che nega valore indiziario ad un fatto, senza prima aver valutato se esso concorda con gli altri fatti noti (Cass. 9059/ 2018), allo stesso modo è viziata la decisione che attribuisce valore indiziario ad un fatto noto senza valutare se esso sia discordante quanto a tale valore con gli altri fatti noti emersi in giudizi.
Con la conseguenza che non tenere conto di queste concrete circostanze, significa addossare al danneggiato non solo l’obbligo cautelare di conoscere le buche a lui vicine, ma anche quello di ricordarne esattamente l’ubicazione, in modo tale che, quando, come nella fattispecie, non sono visibili, possono comunque essere evitate ricordandosi l’esatta loro collocazione.
Infatti, nel caso concreto, solo il ricordo preciso della ubicazione della buca, e non già la mera conoscenza che ve ne fosse una sul percorso, avrebbe consentito di evitare l’evento, dal momento che la buca non era visibile e sapere semplicemente che vi fosse non era sufficiente ad evitarla.
Il ricorso va accolto con rinvio alla corte di appello di Catanzaro per un diverso esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese.