Condominio: parcheggiare nel cortile condominiale fuori dai posti auto costituisce un abuso.
Come reagire alla prepotenza di un condomino che parcheggia la propria automobile nel piazzale condominiale fuori dai posti auto? Si tratta in effetti di condotta illecita o è semplice maleducazione?
Il codice civile, all’art. 1102 (Uso della cosa comune), così dispone: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune (nel caso in esame, del piazzale condominiale), purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (…)”.
Dunque, il piazzale, proprio come ogni altro bene condominiale, è di proprietà di tutti i condomini (seppur pro quota), e tutti possono utilizzarlo. Tuttavia l’uso che ciascun condomino potrà farne dovrà essere tale da non escludere gli altri condomini dal diritto di utilizzare il medesimo piazzale allo stesso modo.
Martin Luther King amava utilizzare (ovviamente parlando di esercizio delle libertà fondamentali e non di uso dei beni condominiali!) una formula che può tornarci utile per comprendere con chiarezza il significato della norma in esame. La famosa frase è la seguente: “la mia libertà finisce dove inizia la vostra”.
Secondo la Suprema Corte – come vedrete nella sentenza in commento – la condotta del condomino, consistente nella stabile occupazione di una porzione del cortile comune mediante il parcheggio per lunghi periodi di tempo del proprio veicolo configura un abuso, poiché impedisce agli altri condomini di partecipare all’utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento.
Gli altri condomini potranno quindi citare in giudizio il condomino che abbia posto in essere le condotte abusive al fine di ottenere da parte dell’autorità giudiziaria (è competente il Giudice di pace, secondo l’art. 7 del codice di procedura civile) che il condomino sia condannato a cessare le condotte abusive ed a risarcire il danno.
Estratto da:
Cassazione civile sez. VI, 18/03/2019, n.7618
(…)
Va ritenuto che la causa intentata da X, volta, fra l’altro, all’eliminazione della situazione antigiuridica posta in essere dai convenuti con l’uso illegittimo del cortile condominiale, che ostacolava l’accesso all’immobile di sua proprietà, fosse finalizzata a conseguire sia la rimozione della situazione lesiva posta in essere dal Y e dalla Z, sia la inibizione degli stessi (ovvero l’ordine di astenersi in futuro dal ripetere tali atti lesivi), sia il risarcimento dei danni subiti alla pienezza e libertà del proprio godimento. I giudici di merito hanno accertato in fatto, con apprezzamento loro spettante e sindacabile in sede di legittimità solo nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che la sosta dei mezzi meccanici nel cortile comune antistante la proprietà T. ne pregiudichi la transitabilità, sì da impedire od ostacolare l’accesso all’unità immobiliare del singolo condomino, con correlata violazione del principio stabilito dall’art. 1102 c.c..
La decisione del Tribunale di Napoli è conforme all’interpretazione di questa Corte, secondo cui l’uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è soggetto, ai sensi dell’art. 1102 c.c., al duplice divieto di alterarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di fare parimenti uso della cosa stessa secondo il loro diritto. Pertanto, deve ritenersi che la condotta del condomino, consistente nella stabile occupazione – mediante il parcheggio per lunghi periodi di tempo della propria autovettura – di una porzione del cortile comune, configuri un abuso, poiché impedisce agli altri condomini di partecipare all’utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l’equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà (Cass. Sez. 2, 24/02/2004, n. 3640).
Il ricorso attribuisce alla sentenza impugnata l’errore di aver sommato i periodi di sosta riferibili ai due convenuti, ma questo ragionamento non trova riscontro nella motivazione del Tribunale di Napoli. Si insiste poi dal ricorrente sul fatto che le sue soste fossero saltuarie e durassero pochi minuti, ma ciò vale ad invocare inammissibilmente dalla Corte di cassazione un diverso apprezzamento di fatto rispetto a quello compiuto dal giudice di merito, operazione che suppone un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, non consentita in sede di legittimità.
E’ poi decisivo osservare che l’art. 1102 c.c., sull’uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante alla comunione, non pone alcun margine minimo di tempo e di spazio per l’operatività delle limitazioni del predetto uso, sicché può costituire abuso anche l’occupazione per pochi minuti di una porzione del cortile comune, ove comunque impedisca agli altri condomini di partecipare al godimento dello spazio oggetto di comproprietà (Cass. Sez. 2, 07/07/1978, n. 3400).
Il ricorso va perciò rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore del controricorrente T.P..
Non occorre provvedere al riguardo per l’altra intimata XX, che non ha svolto attività difensive.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 – quater – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente X le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 10 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2019