Avvocato Pallanch

Finisce la locazione ma l’immobile è stato danneggiato: l’inquilino paga le riparazioni e anche il canone per tutta la durata dei lavori.

Il codice civile stabilisce che il conduttore “deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto”.

Al termine della locazione, quindi, l’inquilino ed il padrone di casa solitamente effettuano un sopralluogo proprio per verificare in quali condizioni l’immobile venga restituito. È in questa occasione che si compila il c.d. verbale di riconsegna.

Ovviamente l’immobile, dopo molti anni di locazione, non può essere riconsegnato esattamente nelle condizioni in cui si trovava all’inizio della locazione. È del tutto normale che certi materiali o certi utensili si usurino semplicemente in quanto vengono utilizzati. Questo è un costo che grava sul locatore e trova certamente un apprezzamento economico all’interno del canone di locazione.

Tuttavia è possibile che l’immobile, alla fine della locazione, presenti danneggiamenti e deterioramenti che vadano al di là del normale deterioramento / consumo. Ad esempio rotture dei battiscopa, di ante di armadi, di piastrelle, di elettrodomestici per errato utilizzo, scrostamento di pareti, ecc.

In questi caso il costo delle riparazioni spetta all’inquilino.

Se poi si rendono necessari degli interventi sull’immobile, allora l’inquilino dovrà versare al proprietario, oltre al costo delle riparazioni (c.d. danno emergente), anche il canone di locazione per tutta la durata delle riparazioni. Ciò per risarcire il proprietario del mancato guadagno (c.d. lucro cessante) che gli sarebbe derivato qualora avesse potuto locare a terzi l’immobile.

Estratto da

Cassazione civile sez. III, 07/03/2019, n.6596

(…)

1.1. Col primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 1175, 1177 e1590 c.c.. Sostengono che erroneamente la Corte d’appello ha addossato ad essi l’onere di provare che, durante il tempo necessario per il restauro dell’immobile, essi hanno perduto i frutti ricavabili dalla locazione di esso.

Deducono che, quando il conduttore restituisca l’immobile, al termine della locazione, in condizioni tali da richiedere un restauro, il danno sarebbe in re ipsa, e il locatore non deve affatto provare di aver perduto la possibilità di stipulare un vantaggioso contratto di locazione nel tempo necessario per il restauro.

1.2. Il motivo è fondato.

Nella giurisprudenza di questa Corte, infatti, è pacifico che “qualora, in violazione dell’art. 1590 c.c., al momento della riconsegna l’immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l’esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest’ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto – da parte di terzi – richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori” (Sez. 3, Sentenza n. 13222 del 31/05/2010, Rv. 613318 – 01; nello stesso senso, Sez. 3, Sentenza n. 19202 del 21/09/2011, Rv. 619263 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 6417 del 01/07/1998, Rv. 516843 – 01).

Nella motivazione della sentenza da ultimo ricordata, in particolare, si legge:

“secondo un principio generalissimo – codificato dall’art. 1591 c.c.- “il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto, fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”.

E’ palese, pertanto (…), che ogniqualvolta il locatore per fatto del conduttore non può disporre della cosa locata, lo stesso ha diritto a conseguire “il corrispettivo convenuto”, nonché eventuali danni, ulteriori, ove ne dimostri l’esistenza. Sempre al riguardo – inoltre non può tacersi che si ha “mancata disponibilità” della cosa locata non solo (…) allorché, scaduto il termine per la restituzione il conduttore non vi provveda, ma anche tutte le volte in cui, per fatto imputabile al conduttore, il locatore non può trarre, dalla cosa, alcun vantaggio, come – ad esempio, nell’ipotesi in cui l’immobile presenti, alla riconsegna (e quindi dopo la restituzione, eventualmente ritardata a norma dell’art. 1591 c.c.) danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, con conseguente sua inutilizzabilità per tutto il periodo per il quale si protraggono i lavori di ripristino.

In merito, infine, non può non sottolinearsi come sul punto la giurisprudenza di questa Corte (…) sia fermissima da lustri nel ritenere che il locatore, in caso di anormale usura dell’immobile, ha diritto al risarcimento del danno consistente sia nella somma di denaro occorrente per l’esecuzione delle riparazioni imposte dai danni all’immobile provocati dal conduttore, sia nel mancato reddito ritraibile dalla cosa nel periodo di tempo necessario per l’esecuzione dei lavori di riparazione (cfr., ad esempio, Cass. 18 giugno 1993 n. 6798, ove il rilievo, altresì, che questa seconda serie di danni va determinata in relazione all’epoca in cui i lavori possono essere iniziati dal locatore usando l’ordinaria diligenza ed alla presumibile epoca del loro compimento. Sempre in questo senso v., peraltro, già le remote Cass. 21 novembre 1968 n. 3786, nonché Cass. 10 novembre 1971 n. 3210)”.

1.3. Resta solo da aggiungere, per maggior chiarezza, che il risarcimento dovuto al locatore in conseguenza della mancata disponibilità del bene durante il periodo occorrente per il restauro non costituisce un danno in re ipsa.

Come si è detto nel p. precedente, infatti, il periodo di indisponibilità dell’immobile reso necessario dall’urgenza del restauro, è dalla giurisprudenza di questa Corte equiparato quoad effectum alla ritardata restituzione dell’immobile, con la conseguenza che spetterà per tale periodo al proprietario “il corrispettivo convenuto”, ai sensi dell’art. 1591 c.c., salva la prova del maggior danno, che grava sul locatore.

(…)

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo, rigetta il terzo;

(-) cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 10 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2019