Mettere in vivavoce l’interlocutore senza informarlo è reato?
Nel corso di una telefonata, soprattutto quando i toni si scaldano, può sorgere la tentazione di premere il pulsante “vivavoce” e consentire a terzi di ascoltare la conversazione.
Si tratta di un comportamento lecito?
La Corte di Cassazione offre una risposta molto chiara, confermando come tale condotta – seppur forse poco elegante – certamente non costituisce illecito.
Se da un lato il terzo non è sanzionabile per aver ascoltato la conversazione altrui (in quanto legittimato dal consenso, o addirittura dall’invito, di uno dei due interlocutori) dall’altro lato anche l’interlocutore che consenta al terzo di origliare non commette illecito. Ciò in quanto, secondo la Suprema Corte, chi intrattiene una conversazione telefonica accetta il rischio che il contenuto della telefonata venga diffuso a terzi.
Estratto da
Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27/02/2013, n.15003
(…)
Da ultimo la partecipazione da parte di terzi estranei alla conversazione telefonica intercorsa tra due persone non realizza le fattispecie del codice penale invocate dal ricorrente, che riguardano l’intrusione di terzi, in assenza del consenso dei partecipanti, poiché rientra nella facoltà di ciascuno dei conversanti di porre a conoscenza di altri quanto percepisce, mentre tale possibilità di ostensione a terzi delle proprie comunicazioni rientra nel rischio dei partecipanti al dialogo di vedere diffuse le proprie affermazioni, insito in qualsiasi rapporto interpersonale, ineludibile se non con la generica fiducia riporta nella persona con la quale ci si pone in relazione.
Tutte le fattispecie invocate nel ricorso e di cui si assume l’intervenuta violazione presuppongono l’intrusione nelle comunicazioni di terzi avvenute senza il consenso di uno dei participi, come è reso evidente dall’inciso “indebitamente” richiamato nell’art. 615 bis cod. pen., “fraudolentemente” previsto dall’art. 617 cod. pen. o fanno riferimento a rivelazioni di segreti conosciuti nel rapporto professionale, al quale non può ricondursi l’attività della teste, sia perché, per quanto già esposto, risulta assente un rapporto professionale, sia in quanto non si verte in sede di diffusione di notizie, ma di adempimento dell’obbligo di deporre gravante su un teste che non può invocare il segreto professionale. (…)